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La Domotica italiana dialoga sul suo futuro

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Ha riscosso un successo oltre ogni aspettativa la tavola rotonda organizzata da LEDin e Assodel sullo stato della domotica in Italia. Un’occasione importante di confronto, dove sono emerse le esigenze delle aziende italiane che operano in questo settore.

 

“Fattori di crescita e prospettive di sviluppo della domotica in Italia tra innovazione tecnologica e incertezze del mercato”. Intorno a questo ambizioso titolo si è svolto, martedì nove settembre, presso la sede milanese di Tecnoimprese, il confronto tra alcune tra le realtà più dinamiche e rappresentative della domotica italiana. Probabilmente per la prima volta in Italia, si sono confrontati intorno a un tavolo i grandi player del mercato e le realtà medio-piccole. In realtà, il grande successo dell’iniziativa ha reso necessario fare ricorso a tutti i tavoli disponibili nella grande sala formazione di Assodel. Le oltre trenta persone a rappresentanza di venticinque aziende del settore, hanno così potuto cominciare a confrontarsi.

 

Lo scenario internazionale

L’incontro ha preso avvio, dopo una breve presentazione di Assodel e di Tecnoimprese tenuta dal fondatore Silvio Baronchelli e dal direttore commerciale Diego Giordani, da una serie di dati internazionali illustrati da Alessandro Abbiati, che hanno mostrato i trend di crescita a livello globale di questo settore.

I numeri mostrano inequivocabilmente uno scenario propizio alla crescita. Basti pensare che, secondo International Data Corporation (IDC), il mercato globale dell’Internet of Things è previsto crescere di oltre 5 trilioni di dollari nei prossimi sei anni. Inoltre, secondo uno studio del Politecnico di Milano, nel biennio 2012-2013 il 37% delle startup in ambito IOT sono state aziende di home & building automation.

Visto in questa prospettiva, non dovrebbero esserci ostacoli a un’affermazione forte di un settore che però per molti anni è rimasto come in una specie di limbo, in attesa che il vento cominciasse a soffiare a favore. L’intervento introduttivo di Abbiati ha provato a stimolare la discussione intorno all’individuazione dei tratti caratteristici del mercato italiano rispetto a quello internazionale, per valutare poi con i presenti se un mercato differente può avere dinamiche di crescita differenti.

In particolare, è stata sottolineata l’importanza che in Italia riveste la politica di recupero fiscale degli investimenti fatti per la ristrutturazione degli edifici per portarli in classe energetica A. La domotica è diventata il perno di questo nuovo mercato legato al risparmio energetico, che poggia sul dato strutturale italiano che il 70% degli edifici ha oltre 30 anni ed è energivoro. Ne deriva quindi da una parte il ruolo chiave degli installatori e dei progettisti, e dall’altro una maggiore dipendenza dagli incentivi.

La discussione è partita da qui, per capire quindi, attraverso l’esperienza concreta delle aziende che quotidianamente si confrontano sul mercato, quale era la loro percezione, e quali erano quindi le esigenze, opportunità e problematiche del caso italiano.

 

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Il caso italiano

Il primo intervento è stato quello di Gewiss, che ha confermato il quadro strutturale delineato nell’introduzione e, dopo una analisi sull’andamento del mercato, ha proposto una interpretazione in chiave critica del prossimo ingresso di Google e Apple nel settore home automation.

A suo giudizio, questo ingresso potrebbe cambiare profondamente il mercato della domotica fino a qui conosciuto imponendo nuovi standard di riferimento e obbligando di conseguenze le aziende a ripensare la propria offerta e i propri prodotti per mettersi nella scia dei grandi, cambiando anche il loro rapporto con gli installatori.

Questo spunto è stato subito raccolto da Flavio Gajo di Special-Ind, che ha invece sottolineato come in realtà, l’ingresso di nuovi competitor è da valutare come una sfida positiva. Un problema da lui sottolineato è quello, a suo giudizio, della persistenza di erronee concezioni legate al concetto di domotica, in parte alimentate dai big player per mantenere ingessato il mercato in loro favore. Se la domotica viene ancora oggi percepita come un lusso è da lui imputabile alla sua dipendenza dalla cablatura che produce alti costi di installazione. Questo aspetto inoltre creerebbe il legame forte con gli installatori.

Un mercato controllato non produce spinte innovative e questo, sempre a giudizio di Gajo, si trasferisce agli installatori, che sarebbe una categoria molto conservatrice e refrattaria ai cambiamenti. La domotica per i grandi marchi sarebbe solo un brand che traina altri business. Tra I possibili cambiamenti che potrebbero mutare velocemente il mercato ci sarebbe l’adozione del wireless, che Special-ind ha sposato.

Stefano Bianchi, direttore marketing di Vimar ha contestato alla radice questa impostazione. È il business a spingere vimar in questo settore e non calcoli di immagine. Anche per il manager però la domotica vive una mancanza di chiarezza percettiva nei confronti dei potenziali clienti. La sua analisi sul ruolo chiave degli installatori parte dalla differenza di sviluppo di questo settore rispetto all’Europa, dove sarebbe nato per evoluzione del settore audio/video e quindi più tecnologicamente evoluto e meno dipendente dagli elettricisti evoluti.

 

Il ruolo degli installatori

Fin dall’inizio della discussione è quindi emerso con chiarezza che il ruolo chiave degli installatori nel sistema della domotica italiana non è giocato solo in termini positivi. Questa categoria professionale infatti rischia di essere un elemento frenante del sistema, perché oppone una certa resistenza allo sviluppo di questo settore che li obbliga a un forte aggiornamento di competenze.

La partita che si gioca non è semplice. Diventa quindi obbligatorio, poiché il mercato è strutturato così, costruire un rapporto utile con loro, specialmente attraverso la creazione di occasioni di formazione.

Anche perché gli installatori sono oggi il canale principale di collegamento tra azienda e utente finale, e quindi non si può prescindere. Per Stefano Bianchi, l’ingresso dei player internazionali sarà un elemento positivo perché allargherà la base sociale della domotica migliorandone la conoscenza diffusa. E anche la dicotomia tra cablatura e wireless è un falso problema, perché in concreto sono i sistemi misti quelli più diffusi.

Sul tema della preparazione degli installatori è intervenuta anche Laura Pampurini di Ergo Design. Ci sono a suo giudizio differenze forti anche su base geografica. Quelli altoatesini o del nordest sono mediamente più attenti alla domotica perché il settore è molto legato all’edilizia bio e al recupero energetico, oltre al fatto che gli standard sono di norma di lingua tedesca. Esiste quindi un problema indiretto di prerequisiti culturali dell’installatore, che possono pregiudicare la sua effettiva possibilità di aggiornamento professionale.

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L’intervento di Massimo Villa di BTicino ha preso le mosse dalla esperienza di questa azienda sia nella domotica evoluta che in quella di base. La crisi dell’edilizia ha posto in secondo piano la building automation, e costretto a guardare ai mercati della ristrutturazione.

Certamente ci sono progetti complessi e completi progettati dai system integrator, che fruttano al massimo le potenzialità di questo settore e puntano sulla supervisione, ma questo settore non basta ed è ancora troppo piccolo. Quindi è obbligatorio assumersi il compito di fare evolvere l’elettricista, da “tiracavi” a installatore domotico.

Non è certamente facile, ma bisogna aiutarlo anche fornendo loro prodotti dal costo sempre più accessibile, per rendere la domotica alla portata di tutti. La preminenza del tema del rapporto con gli installatori porta le aziende alla elaborazione di strategie per la loro fidelizzazione, in cui, come abbiamo visto, la formazione è uno strumento chiave.

Bisogna certamente chiedersi però se le forme attraverso cui la formazione viene erogata direttamente dalle aziende siano efficaci, o se vi sia lo spazio per ipotizzare un nuovo modo, magari super partes, di immaginarla. Anche perché, è un dato di fatto che per un installatore partecipare a un corso di formazione significa rinunciare a una o due giornate di lavoro e quindi è difficile che lo faccia se non crede veramente nella possibilità di crescere professionalmente attraverso la Domotica. Le soluzioni alternative promosse dalle aziende non sembrano attualmente poter fare a meno di loro. I mercati di fascia alta infatti non riescono a creare compensazioni sufficienti.

I progetti dei system integrator, che puntano a una gestione complessiva ed evoluta dell’abitazione e del building, per ora non generano utili sufficienti, specialmente per le aziende di grandi dimensioni.

 

Le nicchie di mercato

Gli spazi del mercato non gestiti dagli installatori sono piccoli, anche se naturalmente possono fornire progetti evoluti e numeri soddisfacenti, come ha spiegato Duemmegi nell’intervento di Sergio Arienti. La Easydom di Sergio Tucci ha invece deciso di puntare al mercato internazionale, aprendo sedi all’estero in mercati, come quello americano o inglese, dove ci sono meno mediatori tra l’azienda e l’utente finale.

Home Innovation propone invece un sistema misto. Giovanni Grauso ha infatti raccontato come la loro strada sia stata quella di diversificare l’interlocuzione, parlando sia con gli installatori sia con i progettisti, che spingono maggiormente verso l’integrazione e quindi verso prodotti non di base. Da questo punto di vista, egli vede con favore anche lo sviluppo della domotica faidate: la sfida è infatti quella di proporre soluzioni per tutte le esigenze del mercato.

La consapevolezza delle aziende intervenute è quella di essere in un settore che dopo anni di stasi comincia a crescere in modo anche interessante, ma che potrebbe in qualsiasi momento cambiare forma, proprio perché sono ancora molte le variabili che possono intervenire come sottolineato da Giovanni Pigato di Kblue. Anche le grandi aziende come Bticino sono consapevoli che bisognerà adattarsi velocemente ai cambiamenti di scenario, che piaccia o meno. Senza però dimenticare la situazione attuale, ancora profondamente legata alle categorie professionali sopra analizzate.

Proprio questa tensione tra necessità di previsione degli sviluppi futuri e obbligo a conquistare il presente con gli strumenti a disposizione si riflette nell’indicazione dell’intervento dell’Ingegnere Luca Formentini della azienda Pulsar Eng.  A suo giudizio non basta compiere uno sforzo per capire come sarà, per esempio, tra cinque anni lo scenario della domotica italiana e quale impatto avrà l’ingresso di google e Apple su questo mercato. L’impegno va direzionato verso la possibilità di creare uno scenario condiviso attraverso la collaborazione delle aziende, che piccole o grandi, hanno comunque bisogno di definire una loro visione di sviluppo della domotica.

 

Una strategia comune è possibile?

Le esigenze emerse dalle aziende in oltre due ore di dialogo erano solo secondariamente di tipo tecnologico. Segno da una parte che si sono in gran parte superate le problematiche legate all’interoperabilità dei sistemi, e che quindi non vale più molto la pena ragionare troppo sugli standard aperti, chiusi, proprietari o meno.

Dall’altra parte, è chiaro che esiste la necessità di approfondire le dinamiche delle variabili che condizionano il mercato italiano, per avere poi la forza e il tempo di reagire. Da questo punto di vista è apparsa evidente l’opportunità di condividere momenti, di costruire occasioni di confronto tra gli operatori del settore e per questo motivo si è deciso di strutturare ancora degli incontri tra aziende per approfondire le loro necessità in ambito formativo e comunicativo e vedere, se insieme, il guado di questi tempi complessi può risultare meno difficile. Assodel, che da oltre 30 anni costruisce occasioni di incontro e approfondimento per le aziende, mette a disposizione la sua esperienza.

 

 

Alessandro Abbiati

 

 

Per maggiori informazioni: 

I materiali, gli interventi completi e I dati del convegno del nove settembre sono disponibili su www.ledin.it

 

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