Building Information Modeling (BIM) e progettazione integrata. Intervista a Paola Gabrielli

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L’architetto Paola Gabrielli ci spiega cosa significa adottare il BIM e fare progettazione integrata, ottenendo grandi vantaggi.

L’innovazione e l’integrazione tecnologica sono le fondamenta per l’edilizia del futuro. Ma già oggi è un concetto portato avanti e tradotto in pratica dalle realtà più avanzate come Politecnica, una delle maggiori societŕ italiane di progettazione integrata. Sulle colline adiacenti a Bologna ha realizzato di recente un progetto all’avanguardia per l’ampliamento ricettivo del Palazzo di Varignana Resort & Spa in cui è stata adottata la modellazione tridimensionale e integrata in ambiente BIM.

Questa soluzione non è solo innovativa, ma profondamente efficace per ottimizzare i processi legati alla realizzazione edilizia, con risparmi sensibili: nel Regno Unito, per esempio, il governo in concerto col mondo industriale ha messo il BIM al centro della Construction Strategy 2025, con l’obiettivo di ridurre i costi di costruzione del 33% e ottenere un taglio delle emissioni di CO2 del 50%. Da qui passa anche la progettazione e la realizzazione delle smart city.

 

BIM, l’esempio di Varignana
A Varignana, frazione del Comune di Castel San Pietro Terme (Bologna) Politecnica ha curato il progetto preliminare, definitivo, esecutivo e la direzione lavori per la realizzazione di 44 nuove camere e suite connesse alla struttura ricettiva del Palazzo di Varignana Resort & Spa.

Per lo sviluppo del progetto si è rivelata fondamentale l’adozione del Building Information Modeling, ossia della modellazione tridimensionale e integrata; Politecnica è una delle prime in Italia ad averla adottata.

Lo spiega bene Paola Gabrielli, architetto, socio e consigliere:

«La nostra forza è da sempre l’integrazione di tutte le discipline specialistiche che concorrono alla progettazione dell’immobile e quindi abbiamo trovato in questo strumento il completamento digitale del nostro modo di lavorare. Così riusciamo ad avere un unico punto di contatto per lo sviluppo del lavoro di ogni membro del team».

Con lei cerchiamo di comprendere meglio questa nuova modalità di lavoro, partendo proprio dall’esperienza di Politecnica.

 

Architetto Gabrielli, su quanti progetti state applicando il Building Information Modeling?

Per noi non è una opzione, ma è il nostro modo di progettare in maniera integrata: quindi in Politecnica tutti stanno lavorando in BIM. Ovviamente i progetti già avviati prima dell’implementazione della Piattaforma BIM li stiamo completando con l’uso dei software tradizionali, ma ogni nuovo progetto inizia in BIM. Tra nuovi progetti integrati e progetti di carattere specialistico abbiamo superato i 50 progetti. Se guardiamo al passato, sta accadendo quello che avvenne tanti anni fa passando dal tecnigrafo con carta e penna e chi usava un software per l’edilizia. All’epoca decidemmo di abbandonare carta e penna in favore di Autocad, oggi avviene lo stesso per la metodologia BIM.

 

All’interno del vostro team pluridisciplinare chi apre le danze sul progetto?

Abbiamo sicuramente standard consolidati di collaborazione interna. In teoria dovrebbero partire a lavorare prima gli architetti, perché nell’architettura c’è l’idea e l’evocazione degli spazi che racconteremo al cliente. A oggi, però, gli architetti non possono più lavorare da soli, perché l’edificio deve essere visto come un unico organismo complesso e completo. Partiamo quindi insieme, nel senso che siamo tutti in un unico edificio e quindi io posso interagire in modo veloce con l’ingegnere meccanico al mio fianco, con chi si occupa di ambiente o con lo strutturista. Comprendere tutte le discipline e lavorare con tutte le risorse interne all’azienda ci dà una grande forza sia commerciale che qualitativa.

 

Qual è la più grande differenza operativa tra il vecchio modo di lavorare e il BIM?

La piattaforma BIM chiede di inserire più informazioni fin dall’inizio. Alle volte non è detto che il progettista sia in possesso di tutti i dati già all’inizio del progetto. Ecco perché stiamo creando librerie di standard, per facilitare lo start up dei lavori. Più sono veritieri i dati, più la modellazione sarà realistica e completa fin da subito, in primis le valutazione energetiche e l’impatto sul budget.

 

Quali sono, i principali argomenti tecnici di cui parla col cliente che siano utili e necessari attivare il lavoro di modellazione?

Sicuramente uno degli aspetti più importanti riguarda le attese di prestazione energetica dell’edifico o la volontà di un riconoscimento specifico di sostenibilità ambientale (LEED ad esempio). Ultimamente, specie in progetti di grandi dimensioni si attiva sin da subito un dialogo sui temi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Il tema del tempo (4D e 5D) entra sempre di più nel nostro modo di progettare e dipende fortemente dal cliente. Clienti più piccoli e con strutture più modeste di facility management, nel momento che decidono di iniziare a costruire, non sono focalizzati più di tanto sulle manutenzioni straordinarie: Possiamo allora essere noi progettisti a guidarli nelle scelte, anche solo spiegando loro dopo quanti anni dovrà rifare la facciata. Mentre se parliamo con una multinazionale, le scelte e gli investimenti economici sono già orientati verso la frequenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie e si legano sempre di più al futuro contratto con i manutentori.

 

Che valore aggiunto percepisce il cliente a fronte di una modellazione in BIM?

Il BIM è una metodologia complessa e ancora non molto conosciuta che solo il cliente più “evoluto” richiede. Tutti i committenti, comunque, trovandosi davanti ad un modello tridimensionale all’interno del quale possono già navigare, ne apprezzano le potenzialità. Amano visitare in anticipo il loro edificio. La percezione di quello che puoi ottenere e l’esperienza fanno la differenza.

 

A proposito d’integrazione tra generazioni differenti: come si approccia al passaggio generazionale in parallelo al passaggio tecnologico?

Diciamo che il passaggio della conoscenza tecnica da una generazione all’altra lo sto comprendendo a fondo adesso, ora che facciamo crescere nella nostra azienda alcuni giovani neolaureati. Spesso sono preparatissimi sulla piattaforma digitale, mentre manca loro la parte di “centralità” che si può dare al progetto solo se si ha il dominio dello strumento e la forza dell’esperienza acquisite nel tempo. Questo passaggio della conoscenza si fa meglio guardandosi negli occhi e parlando insieme: questa è la forza del nostro lavoro, condividere l’esperienza.

 

Ultima sfaccettatura dell’integrazione nel suo lavoro, quella tra tecnologia e abitabilità per creare spazi umano-centrici. Come integrare tecnologia e calore?

Questa è la domanda più bella, è la sfida del futuro. Per quello che vedo, gli aspetti della tecnologia dentro l’edificio hanno ancora molta freddezza. La grande sfida è la fusione degli apparati nell’edificio nei vari esiti estetici e quindi creativi, perché sempre di più abbiamo necessità di ridare quell’aspetto simbolico, di calore, legato ad alcuni scenari della tradizione, al calore umano che vogliamo trovare nello spazio. In una parola, una visione meno fredda. Ancora c’è da lavorare molto, ma siamo qui anche per questo.

 

Paola Gabrielli, architetto, lavora con Politecnica dal 1999 ed è partner dal 2012. Dal 2016 fa parte del consiglio di amministrazione.
Si occupa di progettazione architettonica e gestione del progetto.
Per Politecnica ha coordinato e coordina progetti complessi sia in Italia che all’estero.

*Elisabetta Bracci è consulente, docente e fondatrice di JUMP Facility. Ha maturato una solida esperienza di respiro nazionale e multinazionale nel settore terziario. Collabora con Università, Associazioni di Categoria e con l’Ente Italiano di Normazione UNI per la diffusione dei principi della performance nei servizi, del 4.0 applicato al facility management e del benessere in azienda

Paola Gabrielli ed Elisabetta Bracci dialogheranno di Human Centric Space nel talk show dedicato, a ILLUMINOTRONICA (BolognaFiere, 29 novembre ore 10).

 

Articolo di Di Elisabetta Bracci* e Andrea Ballocchi

 

Per maggiori informazioni:
www.illuminotronica.it



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